Fico Bianco del Cilento

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Fichi

La coltivazione del fico nel Cilento si perde nella notte dei tempi. Si suppone infatti che questa pianta originaria dell’Arabia meridionale e presto diventata una componente fondamentale della cultura mediterranea, sia stata introdotta nella zona anteriormente al VI secolo a.C., a seguito dei primi viaggi commerciali compiuti dalle civiltà del Vicino Oriente. Altrettanto “datata” risulta essere la pratica dell’essiccazione con tecniche già descritte da Omero, Teofrasto ed altri.

Da base alimentare della manodopera impiegata nel lavoro dei campi, come testimoniano Catone e Varrone in epoca romana, i fichi essiccati del Cilento, dorati al forno e farciti di gherigli e mandorle, danno luogo intorno alla metà del ‘400 ad una fiorente attività di commercializzazione che ha come sbocco i principali mercati italiani, da Genova alle isole Eolie, documentata da varie fonti tra le quali il “Quaterne” doganale delle marine del Cilento (1486).Più tardi, tra il 1700 e il 1800, la fichicoltura cilentana registra il progressivo diffondersi di un’imprenditorialità di tipo industriale tradizionalmente sconosciuta al mondo agricolo della zona e all’inizio del secolo successivo in alcune pubblicazioni troviamo citate le prime ditte locali che si occupano della lavorazione e della spedizione di consistenti quantitativi di prodotto all’estero.

Nel corso dei secoli nel Cilento si è andato sviluppando e selezionando l’ecotipo Bianco del Cilento, derivato dalla cultivar madre Dottato che si distingue per qualità, sapore ed alto valore nutritivo ed è provvisto di caratteristiche uniche per l’essiccazione, apprezzate anche all’estero. Il frutto si presenta con buccia di colore giallo chiaro uniforme che diventa quasi marrone dopo il processo di cottura, polpa giallo-ambrata di consistenza pastosa, con acheni prevalentemente vuoti e ricettacolo quasi interamente riempito. L’umidità massima consentita è del 27%. La produzione migliore si ottiene nel periodo agosto-settembre, tra giugno e luglio maturano i fichi detti “primaticci” e in autunno quelli tardivi. L’area interessata dalla Dop, di cui è in corso l’iter istruttorio a livello comunitario, si estende dalle colline litoranee di Agropoli fino al Bussento, ai limiti meridionali della Campania, e comprende, interamente o parzialmente, 68 comuni della provincia di Salerno.

Concorrono a farne un territorio particolarmente vocato alla coltivazione del fico la fertilità del suolo e le condizioni pedo-climatiche rese ideali dall’azione mitigatrice del mare e dalla presenza della catena degli Appennini che fa da barriera alle fredde correnti invernali provenienti da nord-est. Anche le fasi di essiccazione e lavorazione del prodotto si svolgono per intero nell’area geografica di produzione, presso strutture agricole ed edifici rurali, in un armonico processo di interazione tra prodotto, uomo ed ambiente, e rappresentano tuttora una risorsa economica ed occupazionale di una certa consistenza.

Il Cilento fornisce infatti la stragrande maggioranza della produzione di fichi della Campania, la regione che con circa 18 tonnellate di prodotto fresco, ottenute su oltre 5.000 ettari e pari a circa 2.000 tonnellate di fichi essiccati l’anno, occupa il primo posto in Italia. Il 70% del prodotto è lavorato in stabilimenti semi-industriali e il 30% da imprese artigiane. I fichi essiccati sono posti in commercio anche farciti con mandorle, noci, nocciole, semi di finocchietto, bucce di agrumi (ingredienti che devono provenire dallo stesso territorio di produzione) o ricoperti di cioccolato, con l’obiettivo di ampliare la gamma dell’offerta. Il fico cilentano non si limita però a soddisfare il palato, essendo provvisto di straordinarie virtù medicamentose e terapeutiche che ne giustificano l’impiego in variegate preparazioni erboristiche e dietetiche.

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