Se la Processione del Cristo Morto è la più solenne e famosa, la più suggestiva e commovente delle due Processioni di Sorrento è quella organizzata dalla Venerabile Arciconfraternita di S. Monica che ha sede nella antichissima Chiesa della SS.ma Annunziata.
Questa chiesa, esistente già nel 1341 (è la più vecchia a Sorrento), sorge sull’ area di un antico tempio pagano (greco) dedicato a Cibele e dal 1391 ha ospitato i Padri Agostiniani (di qui la devozione alla Madonna della Cintura). Nel 1393 vi è stata sepolta Isabella Sersale (nipote di papa Bonifacio IX) e nel 1627 Olimpia Casamarte, moglie di Antonino Sersale (nipote di Torquato Tasso).
È stata interamente restaurata nel ‘700 ed i lavori furono completati, nel 1768, con la (attuale) bella facciata ed il portico, dal Cardo Antonino Sersale (questa famiglia ne era la principale protettrice, tanto che lo stemma gentilizio è in più parti affisso.
La Confraternita di S. Monica (elevata ad Arciconfraternita con Breve Apostolico dell’8 giugno 1886), risente dell’influenza agostiniana e risale al 1439. Nel 1777 il Re Ferdinando IV (con decreto del 9 giugno) ne approvava le Regole. Da queste si legge essere «obbligo» dei confratelli, oltre alla pia pratica religiosa, «di visitare i confratelli infermi, assisterli, aiutarli, per quanto da conto loro si appartiene; intervenire vestiti di sacco, nell’ esequie dei medesimi ed in tutte le funzioni e processioni solite farsi dalla detta Congregazione, specialmente della Madonna e di S.Monica».
Particolare devozione è prestata alla «Dormizione di Maria» (una volta detta «Madonna Morta») ed all’Ara Pacis, realizzata dalla pietà di alcuni fedeli nel 1926, a ricordo dei caduti della prima Guerra Mondiale.
La Processione, che si snoda e si sviluppa per le vie e le piazze di Sorrento nelle prime ore del Venerdì Santo, si può definire il primo atto della scenografia drammatica della Pasqua a Sorrento, l’inizio della parte centrale della Passione del Cristo che si conclude con la Morte e successivamente con la solenne e gloriosa Resurrezione.
Nella mentalità popolare la «Processione Bianca» rappresenta l’uscita di Maria alla ricerca del Figlio «catturato» dai nemici e «condannato» a morte. Lo snodarsi del mesto corteo fra le vie dell’antica Sorrento, l’entrare e l’uscire dalle Chiese, ove si trovano i «Sepolcri», l’inizio nelle ore buie della notte ed il rientro in Chiesa alle prime ore dell’alba, sembrano quasi dar tono e sostanza a questa particolare fantasia popolare sorrentina.
La stessa celebrazione della «Processione Nera» del Venerdì Santo sera, sembra dar credito maggiore alla suggestione sopra descritta: il corteo in sai neri, la Statua della Madonna Addolorata, vestita a lutto, l’artistica scultura del Cristo Morto, rappresentano il ritrovamento, da parte di Maria, del Figlio Crocifisso.
Eppure l’inizio… storico tradizionale di questa Processione del Venerdì Santo notte è del tutto diverso!
Le origini di questa pia tradizione sorrentina si cercano in molti secoli addietro, nel 1200 forse: un corteo di confratelli, con una semplice Croce ed in borghese, percorrevano le strade cittadine, recitando e cantando salmi di penitenza e visitando i Sepolcri che restavano aperti al pubblico tutta la notte.
Solo nel 1500 (con l’inizio delle dominazioni spagnole) si cominciò a pensare di «organizzare» i cortei e farne delle vere e proprie processioni, indossando delle divise ed arricchendo la «sfilata» con luci e con i simboli della Passione del Cristo. I famosi «misteri» che i giovani sorrentini recano, con religioso silenzio, decoro e devozione, in vassoi di metallo, sono i «segni» della Passione: dalla lanterna (con la quale fu riconosciuto il volto di Gesù nel Getsemani) alla borsa (nella quale erano racchiusi i trenta denari del «tradimento» di Giuda), dal gallo (che cantò dopo che Pietro mentì tre volte) al coltello con un orecchio (a testimonianza del gesto di Malco che lo staccò ad un soldato romano), dal bacile alla tovaglia (a ricordo della «fuga» di Pilato nel giudicare Cristo), dalla colonna al flagello (a simboleggiare le prime «offese materiali» a Gesù), dalla veste rossa alla corona di spine ed alla canna (con cui i soldati romani schernivano «onorando» Cristo, Re dei Giudei), dal martello ai chiodi (usati per crocifiggere Gesù), dal sudario (ricordo di quello sul quale restò impresso il volto alla Veronica) alla «targa» I.N.R.I. (apposta sulla croce ad emblema del «mistero»), dalla veste bianca ai dadi (con i quali fu giocata a sorte fra i soldati), dalla spugna (con la quale fu somministrato «fiele» per dissetare il Crocifisso) alla lancia (utilizzata per constatare la «morte» del Figlio di Dio), dalla tenaglia alla scala (necessarie per la «deposizione»).
Nel 1700 si aggiunse a questi simboli ed allo stesso corteo la Statua della Madonna Addolorata, portata a spalla da confratelli che si tramandano questo «onore» da padre in figlio.
Si dice che, per l’aggiunta della Statua la Processione fu spostata al Venerdì dalla notte all’alba (non essendo consentito, liturgicamente, portare in processione una statua nel Giovedì Santo, pur di ottenere detto privilegio, si preferì operare il differimento!).
Il tutto è, ancora, arricchito dai simboli dell’Arciconfraternita (Stendardo o Vela e Pannetto) e preceduto ed intercalato da piccole croci, portate a spalla dai più piccini.
A chiusura il coro del «Miserere» (il salmo di Davide) a quattro voci, impegna circa duecento persone in un misticismo commovente.
Negli ultimi trent’anni, però, ci sono state alcune modifiche migliorative che hanno condotto questa Processione a livelli di perfezione, ordine e, diciamo anche, di eleganza che hanno visto, pur mantenendo la suggestione ed il fascino notturno, aumentare il numero di coloro che si assiepano ai margini delle strade per assistere in religioso silenzio e riflessione.
In aggiunta ai lampioni, tradizionali, sono state inserite «fiaccole» che sembrano più aderenti all’epoca della Passione; i «misteri» o «martiri» sono stati aumentati con alcuni simboli della «Cena Eucaristica» del Giovedì Santo ed all’apertura della Processione sono stati posti un «gonfalone» e «fasce trasversali» alle prime file dei partecipanti cos1come a quelli al lato della statua della Madonna, allo scopo di indicare (meglio) l’ emblema ed il titolo dell’ Arciconfraternita.
Per dovere di cronaca bisogna anche aggiungere che negli anni 1971-72 la Processione, a titolo di esperimento, è stata anticipata alla sera del Giovedì (riscotendo molto successo di pubblico), ma, poi, allo scopo di mantenere la tradizione e la suggestione della manifestazione, si è ritornati alla notte.
Il percorso è rimasto quello tradizionale per le strade e le piazze del Centro Storico, prolungandolo solo in parte per la nuova zona residenziale della Città.
Numerose sono le leggende che si sono sviluppate e si tramandano intorno a questa tradizione sorrentina che impegna i giovani, specialmente, in una gara di partecipazione, di precisione e di particolare senso del dovere in un adempimento perfetto; il sacrificio per essere sempre presenti; la ferma volontà di realizzare, comunque, la Processione, anche se il tempo non lo consente; la gara per assicurarsi la partecipazione stessa; il trascorrere ore di lunghissima attesa, sono tutti piccoli elementi che fanno parte viva e palpitante di una fede e di una devozione che creano entusiasmo e religiosità, che ispirano negli spettatori suggestione e commozione.
Durante il periodo bellico si sono registrati veri e propri tours de force per giungere a Sorrento in tempo, partecipare alla Processione e ripartire subito dopo; non poche volte si è assistito alla partecipazione di persone febbricitanti, non disponibili a rinunziare; aspetto commovente (nella commozione della stessa Processione) è, infine, la partecipazione, nutrita, di bambini (di pochi anni) con cestini di fiori innanzi alla statua della Madonna.
È il tocco finale che dimostra come nelle famiglie sorrentine è radicata questa devozione, alla quale non si è disposti a rinunziare e che fa parte del patrimonio religioso e culturale dell’intera popolazione.
Un motivo di colore: da quest’anno i partecipanti alla Processione non avranno più i guanti celesti. A causa delle difficoltà di poter avere il colore e sempre nella stessa tonalità si è preferito ritornare ai guanti bianchi. Il Miserere, avendo la mozzetta nera, continuerà ad usare guanti neri.
Per concludere ci piace riportare una poesia, dettata alla vena poetica di Salvatore Cangiani, dalla suggestione della manifestazione notturna (pubblicata nel volume «Le nuove poesie di Sorrento»), dal titolo «Prima che il gallo canti»:
Notte di luna piena,
notte d’attesa.
Prima che il gallo canti
udremo di lontano
il gemito accorato delle trombe.
E sarà per le strade
un vago palpitare di lanterne,
un andare di passi misteriosi.
Vestite di silenzio, ombre sinistre
di anonimi assassini
racconteranno ancora la struggente
storia della Passione,
che durerà finché nel cuore umano
si annida il tradimento e ai nostri figli
daremo altri strumenti di martirio.
Radiosa di dolore, dalle tenebre
emergerà la Madre
col suo pugnale fermo in mezzo al petto:
astro venuto da perduti cieli
a raccogliere il pianto della terra
per dissolverlo in luce.
Poi, non saranno i lumi moribondi
che brividi lontani
e le ultime voci appena l’eco
disfatta d’un lamento.
Allora il gallo canterà nell’ alba
pallida e muta del Venerdì Santo.
Tratto – per gentile concessione ed autorizzazione dell’autore – da “Le Processioni della Settimana Santa in Penisola Sorrentina” di Nino Cuomo con illustrazioni di Bruno Balsamo.
Il libro – ormai introvabile – è stato pubblicato nel mese di marzo del 1986 per conto dell’ Associazione Studi Storci Sorrentini dalla Società Editrice Napoletana presso “La Buona Stampa S.p.a” di Ercolano.