A S. Agnello esistono tre Congregazioni laicali: fra esse la più antica (e tra le primissime dell’ Arcidiocesi sorrentina) è la reale Arciconfraternita del SS. Sacramento e Natività di Maria Santissima che ha sede nella chiesa annessa a quella parrocchiale dei SS. Prisco e Agnello (dal lato del corso Italia).
Infatti essa è stata fondata nel 1424 (e ciò si rileva sia dagli atti del notaio D. Nicola De Madio – conservati dai suoi eredi – sia dagli studi e pubblicazioni in materia di confraternite) ed ha ricevuto l’assenso regio nel 1725.
Scopo di questa Arciconfraternita è accrescere il culto divino (per cantare le lodi del Signore, di Maria SS. e dei Santi) ed esercitare opere di pietà e di misericordia (fra queste anche quella di accompagnare – una volta – le salme dei confratelli al cimitero – come del resto molto altre congregazioni della zona).
Fra le manifestazioni di culto e di fede con le quali questa Arciconfraternita si distingue c’è la Processione dell’Addolorata, nota anche come la Processione bianca (come quelle che si snodano per le strade di altri centri della penisola, in saio bianco) e che rappresenta la Vergine Addolorata in cerca del Figlio.
Questa processione, partendo dalla Chiesa, sede della Congregazione, si snoda per le strade e piazze di S. Agnello, nella notte, nelle prime ore del Venerdì. Santo.Essa visita le chiese nelle quali si allestiscono gli «Altari della Reposizione» (così si chiamano oggi i «Santi Sepolcri» di una volta) e rientra alle prime ore dell’alba.
Quest’ ora aggiunge alla devozione, con la quale si attende alla sua preparazione, un senso di suggestione e di commozione.
La partecipazione alla processione è motivo di preparazione alla Pasqua e, fra tutti i confratelli e molti cittadini, genera una vera e propria gara.
I partecipanti indossano un saio bianco con mantellina azzurra e recano torce e lampioni accesi che, oltre ad illuminare il cammino ordinato, cadenzato, composto e devoto, danno particolare risalto alle tante croci (di diversa misura) portate a spalle da ragazzi ed adulti ed ai «martìri» (che portano i confratelli) che rappresentano le «testimonianze» degli strumenti della passione, martirio e morte di Cristo.
La processione si apre con gli «annunziatori» (battitori di tamburo e suonatori di squilli di tromba) e le cosiddette «fasce di apertura» (confratelli che recano, trasversalmente sulla bianca veste, la fascia azzurra con l’iscrizione che denomina l’Arciconfraternita).
Ma le parti che più sviluppano commossa attenzione sono l’imitazione del «pietoso velo della Veronica» sul quale è riprodotto, artisticamente, il «volto del Cristo piagato ed incoronato di spine» ed il simbolo della Arciconfraternita, rappresentato da una «vela» che, fluttuante all’aria, al chiarore delle fiaccole, delle devote luci accese sui balconi, al tenue chiarore lunare ed (al rientro) a quello delle prime luci dell’ alba, mostra lo stemma della stessa Congregazione.
Indubbiamente la maggiore commozione si sviluppa intorno all’oggetto principale dell’intera processione: la venerata statua dell’Addolorata che, mesta ed afflitta, cerca il Divin Figlio condannato a morte e «nel cui volto “affilato” e “tanto dolce” par sempre di cogliere il misterioso e drammatico incontro della passione umana e dell’immobile sapienza di Dio».
In questa processione, però, c’è un elemento particolare e differenziale nei confronti delle altre: un coro femminile!
L’Amministrazione dell’ Arciconfraternita, in questi ultimi anni, accanto al tradizionale «Coro del Miserere» (che pure è formato da più di duecento confratelli), in apertura della processione stessa, ha posto un coro femminile, che canta l’inno «Già condannato il Figlio», che esprime con viva drammaticità e profonda commozione il dolore della Vergine Madre dell’Uomo-Dio.
Da alcune note della stessa Arciconfraternita, ancora, riportiamo: «il canto delle ragazze (che tanto richiama la duecentesca Lauda drammatica di Iacopone da Todi “Donna de Paradiso”) è così accorato, straziante, incisivo, con quel ripetersi affannoso “Il Figlio mio dov’è?”, che giunge a fondo negli animi e li scuote profondamente». Esso esprime il dramma «del cuore trafitto di Maria» alla quale le «bianche fanciulle del coro» cantano con accenti «più commossi che mai» le ultime strofe:
«O Madre dolce e cara,
O Vergine pudica,
Permetti che tel dica:
Il Figlio tuo morì.
Quel capo già chinato,
Quelle annerite gote
Dicono a chiare note
Che il Figlio tuo morì».
A queste dolci e bianche note rispondono i «cantori» del coro del «Miserere», mentre i confratelli, portando, a spalla, la statua dell’ Addolorata, rientrano nella Chiesa del «SS. Sacramento e Natività di Maria SS.ma».
Tratto – per gentile concessione ed autorizzazione dell’autore – da “Le Processioni della Settimana Santa in Penisola Sorrentina” di Nino Cuomo con illustrazioni di Bruno Balsamo.
Il libro – ormai introvabile – è stato pubblicato nel mese di marzo del 1986 per conto dell’ Associazione Studi Storci Sorrentini dalla Società Editrice Napoletana presso “La Buona Stampa S.p.a” di Ercolano.