Enogastronomia Vesuviana

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 La zona vesuviana, territorio dalle tradizioni millenarie è ricco di prodotti tipici resi unici dalla caratteristica fertilità del terreno ubicato alle falde del Vesuvio. Ed è proprio grazie alla fertilità regalata dal Vesuvio a queste terre che nascono delle famose uve citate da numerosi scrittori latini, tra cui Sallustio e Plinio, che hanno testimoniato nei loro scritti quanto in già in epoca romana il Vesuvio fosse noto per i suoi vini. Il Vesuvio che affascina con la sua straordinaria imponenza, era ricoperto quasi interamente da vigneti, disseminato di case rustiche disposte lungo le falde del monte e destinate alla coltivazione della vite ed alla produzione del vino. Ancora oggi in ben 15 comuni compresi in questa rinomata terra alle falde del vulcano sono coltivate le antiche uve: la Falanghina del Vesuvio, la Coda di Volpe detta volgarmente Caprettone e il Piedirosso del Vesuvio, dalle quali si ricava il famoso vino Lacryma Christi, un vino dall’odore gradevolmente vinoso e dal sapore secco ed aromatico.

Vino lodato dallo scrittore Curzio Malaparte nel suo romanzo “la pelle” dove invita a bere questo sacro, antico vino dalla forza magra e delicata che sfuma in soavissimi aromi di erbe selvatiche e che ha il colore misterioso del fuoco infernale, il sapore della lava, dei lapilli e della cenere che seppellì Ercolano e Pompei. Il tour enogastronomico parte all’insegna di questo storico vino e la prima tappa è sicuramente a Portici, rinomata sede reale, dove una sosta per gli amanti del vino non può mancare presso la cantina Scala che vanta tradizioni enologiche familiari molto antiche. Dopo pochi chilometri si consiglia di visitare l’azienda agricola Ametrano sita a Torre Annunziata dove viene prodotto un vino molto apprezzato e pregiato. Il tour continua a Trecase, piccolo paese situato tra il mare ed il vulcano, che per la sua esposizione e tradizione vitivinicola è posizionato in una zona ideale. A Trecase è da visitare il Villino Rea dove sono prodotti vini con uve esclusivamente raccolte nelle vigne del fondatore dell’azienda.

E da Trecase pochi minuti per raggiungere Boscotrecase, antico possedimento di caccia del re Carlo d’Angiò che passò poi in epoca successiva, per donazione della consorte del monarca, la regina Sancia, a tre case religiose di Napoli, da cui il toponimo Boscotrecase. Il paese è situato alle falde del Vesuvio, nel Parco Naturale e nella rinomata zona archeologica delimitata dalle antiche città di Pompei, Oplontis, Stabia ed Ercolano, a due passi dal mare e situata frontalmente alla penisola sorrentina e alle isole di Capri ed Ischia. A Boscotrecase la degustazione di vini è da fare presso la vinicola Sorrentino, azienda che produce vini vesuviani da oltre un secolo. Da Boscotrecase ci si sposta a Terzigno dove previo appuntamento si può visitare la tenuta Villa Dora, di oltre 13 ettari di terreno e dove oltre alla produzione del famoso Lacryma Christi si può anche assaggiare un ottimo olio extra vergine di oliva, molto particolare e a tiratura limitata. Il tour prosegue ad Ottaviano che dista solo 20 km da Napoli e 12 da Pompei dove si consiglia una sosta presso la casa vinicola Saviano 1760, la cui nascita è documentata dai resti di un antico “torculario” che reca nella parte centrale la scritta “A.D. 1760” e da un diario di famiglia che attesta la proprietà dei possedimenti addirittura dal 1501.

L’ultima tappa dell’enotour è a San Sebastiano al Vesuvio presso la casa vinicola de Falco aperta tutto l’anno per visite (esclusi i mesi di agosto ed ottobre) che garantisce una produzione realizzata nel rispetto delle antiche tradizioni.

Dopo questo giro enologico si sottolinea un’altra grande tradizione legata questa volta al territorio di Somma Vesuviana, ed è quella legata al commercio, alla trasformazione, e al consumo del baccalà, che nonostante non sia un prodotto locale, ormai ha trovato qui la sua ambientazione. È infatti dal lontano 1600 che il merluzzo conservato sotto sale, proveniente dai lontani mari d’Islanda e Norvegia, è giunto sul Vesuvio e a Somma ha trovato un ambiente particolarmente adatto alla sua preparazione e alla vendita al dettaglio, vista l’abbondanza di acqua a disposizione e gli ampi spazi che ne permettevano la lavorazione. Ormai il baccalà nella zona vesuviana è diventato un piatto tipico che si può gustare cucinato in svariati modi in numerosi ristoranti della zona. Da Somma ci si può spostare a Sant’Anastasia rinomata per la produzione di albicocche, festeggiate da una bella sagra nel mese di giugno.

La coltivazione dell’albicocca vesuviana che ha ricevuto il marchio IGP, si estende su tutto il territorio dell’area vesuviana, dove è nota la fertilità dei terreni, che essendo di natura vulcanica, sono ricchi di minerali e in particolare di potassio, noto per la sua influenza sulla qualità organolettica dei frutti, che nel caso dell’albicocca le fa acquistare un gradevolissimo sapore. Le albicocche sono presenti in Campania da tempi antichissimi e una delle prime testimonianze della loro presenza è dovuta a Gian Battista della Porta, scienziato napoletano, che già nel 1583 distingue due tipi di albicocche: le bericocche e le risomele che sono più pregiate. Oggi con l’indicazione di albicocca vesuviana se ne indicano un insieme di oltre settanta diversi biotipi, tutti originari della stessa area. Ma sicuramente grande importanza in questa zona è data al pomodorino del Vesuvio che cresce sui terreni più impervi delle pendici vesuviane detto comunemente piennolo, oppure spongillo, per via della tradizionale tecnica di appenderli uniti a grandi grappoli per conservarli fino all’inverno.

Questo pomodorino non va confuso con i comuni pomodorini, infatti le bacche rosse hanno un piccolo e caratteristico pizzo all’estremità, squadrature laterali vicino al picciolo, buccia spessa, polpa soda e compatta e, infine, un sapore dolce-acidulo delizioso e inconfondibile che le contraddistingue. Il merito è tutto del Vesuvio e del sole. I terreni migliori sono anche i più difficili da raggiungere, spesso a quote alte, dove le colate laviche stratificate nei secoli si sono trasformate in terreni scuri, sabbiosi ma fertili, ricchi di potassio e calcio, ideali per questa coltura. Ed è per questo che anche in zone a rischio eruttivo i contadini continuano a ritornare, tenaci, con i loro semi selezionati negli anni dalle piantine più belle per produrre cosi dei pomodorini speciali che sono rinomati in tutti il modo e che rappresentano un po’ il simbolo del popolo napoletano.

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