In Campania, secondo alcuni, il limone sarebbe arrivato fin dal I secolo a.C., a portarcelo sarebbero stati gli Ebrei, per i quali aveva un valore rituale. E la rappresentazione di limoni nei mosaici e nei dipinti rinvenuti negli scavi di Pompei dimostra il loro uso comune nell’area napoletana sin dall’antichità. Quel che è certo è che in terra campana questo agrume si è acclimatato in maniera stupefacente e ha prosperato meravigliosamente fino a diventare un “unicum” con le sue zone di elezione. Tanto che sarebbe impossibile immaginare le costiere Sorrentina e Amalfitana senza i loro suggestivi, bellissimi e profumatissimi “giardini di limoni”.
Senza le caratteristiche terrazze fiorite, senza l’emozionante contrasto tra l’azzurro del mare, il giallo dei frutti e il verde intenso del fogliame, in un tripudio di colore esaltato dalla luce forte ed abbacinante, questi paesaggi tra i più belli al mondo non sarebbero così unici e irripetibili. Ma non si tratta solo di colore o di ulteriore elemento di fascino per il gran numero di ammirati turisti, perché i limoneti offrono a questi luoghi anche altri importanti vantaggi, come quello della tutela del territorio: occupando anche i versanti più ripidi, con pendenze non di rado ai limiti della coltivabilità, contribuiscono infatti alla conservazione del suolo dal dissesto idro-geologico. La popolazione locale, dal canto suo, è legatissima al limone, al punto che si può dire che non vi sia famiglia, da queste parti, che non possieda un piccolo o grande appczzamento di limoni, acquisito e conservato a prezzo di fatica, rinunce e sacrifici di ogni genere. I primi limoneti condotti in forma specializzata in Penisola Sorrentina sarebbero stati opera dei Padri Gesuiti, che nel 1600 realizzarono una azienda ad hoc nella conca di Guarazzano, tra Sorrento e Massalubrense, da cui questa coltura ricevette forte impulso. Proprio qui nel tempo si è andato differenziando un eóotipo della varietà Femminelle Ovale, da cui l’attuale cultivar definita appunto Ovale di Sorrento o Massese o Limone di Massa Lubrense, che ha assunto caratteristiche di notevole pregio.
Caratteristiche che hanno valso al Limone di Sorrento il riconoscimento dell’Igp nel novembre 2000: un risultato di rilievo, questo, per l’intera agrumicoltura campana sia sotto il profilo della qualificazione del settore sia in termini di nuove opportunità commerciali. Si tratta di un limone di dimensioni medio-grosse, di forma ellittica, con buccia attraente nel suo colore giallo citrino, molto profumata, e polpa particolarmente succosa e acida. Viene oggi coltivato in tutti i comuni della Penisola Sorrentina e nell’intera isola di Capri (entrambe situate in provincia di Napoli), su una superficie complessiva di circa 400 ettari e con una produzione annua che si aggira intorno ai 100.000 quintali. Tra le sue prerogative c’è quella di essere un limone tardivo, per cui, anche se viene prodotto sulla pianta tutto l’anno, i frutti migliori si ottengono dalla primavera in poi fino all’autunno. La coltivazione tipica è costituita da terrazzamenti, inglobati in muretti di contenimento. Un altro aspetto tecnico caratteristico è rappresentato dalla copertura delle chiome degli alberi, per difenderli dal freddo e dal vento (pratica indispensabile nel periodo più freddo dell’anno a causa della posizione geografica della Penisola Sorrentina, situata al limite nord di latitudine per la coltivazione dei limoni) e per far ritardare la maturazione dei frutti verso epoche commercialmente più valide. A tal fine in passato erano in uso le note “pagliarelle”, stuoie di paglia appoggiate a pali di sostegno di legno, solitamente di castagno, oggi sostituite dalle più pratiche reti di plastica, capaci di reggere meglio le pendenze più accentuate della zona. La reputazione dei limoni di Sorrento era già grande nel secolo scorso, quando venivano esportati soprattutto in Inghilterra.
Attualmente l’export interessa una discreta quantità di limoni, avviata sui mercati europei, principalmente quello tedesco e quello inglese, ma la maggior parte della produzione è riservata al mercato nazionale, che la destina per il 40% al consumo fresco, mentre il restante 60% viene utilizzato per la preparazione dell’ormai famoso Limoncello, elisir che proprio dall’area sorrentino-amalfitana trae origine. Sono tantissime oggi le botteghe artigianali impegnate nella produzione di questo liquore, ottenuto dalla macerazione delle bucce di limone in alcool, rifacendosi scrupolosamente alle antiche ricette della tradizione locale. La domanda per il Limone di Sorrento, grazie alle sue apprezzate virtù, è sempre sostenuta ed i prezzi, di conseguenza, sono sempre nettamente superiori (talvolta anche doppi) rispetto a quelli dei comuni limoni che si trovano sul mercato. Requisiti altrettanto pregiati hanno dato lustro e vanto al Limone Costa d’Amalfi, gratificato anch’esso dal conferimento dell’Igp (arrivata nel luglio 2001), atto doveroso verso una coltivazione di qualità e ricca di significati paesaggistici e storici. In Costiera Amalfitana la presenza di limoni è dimostrata da numerosi documenti a partire dagli inizi dell’XI secolo e un ruolo importante, poco più tardi, fu svolto dalla celebre Scuola medica salernitana, che cominciò a diffondere l’uso medicinale del giallo agrume, ormai coltivato in tutta la Costa d’Amalfi.
Ma è nell’Ottocento che il limone assume grande valore economico e sociale per l’intera area, grazie alla realizzazione sulle colline circostanti di terrazze coltivate a limoneti. Ai primi del Novecento il limone di Maiori lo troviamo addirittura quotato alla Borsa merci di New York. Allora si vendeva con un prezzo per singolo esemplare, veniva lavorato da donne che dovevano tagliarsi le unghie tutte le mattine e per manipolarlo erano obbligate ad indossare guanti di cotone (all’epoca si spedivano annualmente in tutti i Paesi del mondo più di 900 mila casse contenenti ciascuna 300 o 360 pezzi). Questo splendido limone è conosciuto soprattutto con il nome della varietà, Sfusato Amalfitano, laddove il primo termine sta ad indicarne la tipica forma, particolarmente affusolata. Le sue dimensioni sono medio-grosse, la buccia, spessa e ruvida e di colore giallo chiaro, ha un aroma e un profumo intensi, grazie alla notevole ricchezza in oli essenziali, e un gusto piacevole. La polpa, poi, è succosa e moderatamente acida, con scarsa presenza di semi. Si tratta inoltre di un limone tra i più ricchi in acido ascorbico, la nota vitamina C, come risulta da recenti studi dell’Università di Napoli Federico II. La zona di produzione del Limone Costa d’Amalfi comprende tutti i comuni della Costiera Amalfitana, in provincia di Salerno, ed occupa una superficie di oltre 500 ettari, per una produzione annua di circa 120.000 quintali. Con il “fratello” di Sorrento lo Sfusato Amalfitano condivide, oltre al successo commerciale e alla fama internazionale, non pochi elementi di tipicità: la produzione tardiva (da marzo a ottobre), la coltivazione su terrazzamenti in pietra calcarea che caratterizzano il panorama, il ricorso alle “pagliarelle” per proteggere gli agrumi dalle avversità atmosferiche e regolare l’epoca di maturazione. Anche i limoni di Sfusato Amalfitano, infine, vengono impiegati anche per la produzione del Limoncello, il “Tradizionale liquore di Limone Costa d’Amalfì”, che il Consorzio per la valorizzazione del Limone della Costa d’Amalfi (Covai) ha regolamentato con un disciplinare.